Scarabocchi

Arriva da lontano, lo capisco da questo silenzio agrodolce che mi fissa da tempo, sembra che abbia linee e tracciati contorti e vicoli ciechi da dimenticare. Mi ha raggiunto in macchina mentre guidavo sotto la pioggia con i suoni soliti dell’acqua che c’investe e che schizza, e mentre rollavo i suoni inglesi di un brano di Tom Waits. Adesso è qui con me, a contare le piogge passate.

Il clamore di una morte attesa ha spostato per poco i fastidi dei segni lasciati dal tempo e tu che vivi sempre dall’altra parte della mia vita, dirimpettaia ammutolita e malinconica, che sbuchi tra i pensieri come rivolo d’acqua che ha trovato una strada. T’immergo nella pioggia e guido sicuro, le spazzole a spostare le gocce ed io a spostare pensieri.

Smetterà, come smetterà il fastidio, come smetteranno queste curve bagnate, come smetteranno i miei vuoti a perdere. Come finirà questo brano di Tom Waits.

Non comprendo cosa leghi il suo arrivo improvviso alla pioggia e alla mia guida, non comprendo il motivo del suo arrivo, di tutta la strada percorsa, non capisco le parole del nuovo brano che è iniziato, non ho contezza della mia fragilità, degli occhi lucidi che conservano pensieri.

Conto le assenze mentre rimetto a posto occhi e pensieri e sfido quest’amara sensazione di sconfitta che è giunta da lontano. Assenze che si raccolgono tutte attorno a me come ad attendere una storia nuova o per mostrasi a me libere ed emancipate, senza bisogno di alcuno, assenze da lasciare andare a tracciare linee contorte e cieche, scarabocchi che non ho saputo tracciare io.

E’ un senso di sconfitta che si disseta nelle pozzanghere logore che supero con la vettura e cerca tane e anfratti dove aspettarmi, un senso di sconfitta dai mille volti e dagli occhi fissi dentro i miei occhi, la voce calma che ripete la Fisica durante la lezione in classe, la ragazza alla cassa del supermercato che abbandona spiccioli e scontrini sul ripiano trasparente, la borsa dell’acqua calda adagiata sul divano di mia madre, le mille luci bianche dei centri commerciali, la riunione serale e l’idea di andare a bere qualcosa, tu da quella parte, la distanza che mi separa da casa, il brano di Lou Reed che svanisce lentamente, il buio nelle gocce di una pioggia che va a morire, il giorno perfetto che non c’è stato.

Il senso di sconfitta arriva da lontano, ha tracciato linee contorte per seguirmi e presto andrà via, lo so. Va da quell’altra parte della mia vita a guardarmi dirimpettaio muto e maliconico, si sposta come si spostano le nubi cariche di piogge e disegna gli scarabocchi che io non ho saputo vivere.

Arrivo a casa. Solo.

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