Aspettami

Mi hai detto aspettami. Era un pomeriggio di aprile dai colori netti adagiato tra l’Etna ancora innevata e il mare pensieroso che s’agitava sotto un vento tenace e tu, senza paure, mi dicesti aspettami. Avevi i capelli legati e negli occhi quella luce che non sa di essere luminosa.

Aspettami.

Io non so se ti ho aspettato, abbiamo camminato insieme ancora a lungo e ho sciolto i tuoi capelli per ridarli al vento, hai nascosto la tua mano dentro il mio giaccone e abbiamo arginato il senso di sconfitta come vecchi giocatori di scacchi, una mossa tu e una mossa io. Ma non so ancora se ti ho saputo aspettare.
Eppure era bello ascoltare la tua voce al citofono o chiederti semplicemente “dove andiamo?” senza attendere risposte o timide indicazioni, si andava ovunque perché ovunque c’eravamo noi. Come quel lungo camminare tra la gente a carnevale, la mano per non perderti e la consapevolezza di esserci perduti, di non poter andare altrove se non da noi.

Ricordo ancora il timbro della tua voce, aspettami, quasi una preghiera, un’esortazione a masticare il tempo insieme. E non erano i pranzi da consumare o le serate davanti a una tv, non erano le scelte da fare o i mobili da montare, era altro, era un luogo che avremmo voluto fosse lì ma non c’era, era un colore sconosciuto impossibile da riprodurre, era quell’inquietudine testarda che non ci mollava e che s’agitava sotto il vento tenace dei nostri pensieri. Aspettami come a dire non c’è altro da fare, non vedi che il vento non si placa, che tra l’Etna e il mare si adageranno mille altri pomeriggi e noi saremo ancora qui a cercare un altro carnevale, altra gente da consumare, non vedi che la luce netta dei miei occhi è una lama che ferisce un futuro che non potremo guarire? E allora ti ho abbracciata a lungo tenendoti stretta a me che nessuno avrebbe potuto strapparti via e mi hai sussurrato aspettami, come a dire devo andare via a fermare il vento ma tornerò come torna l’onda tra gli scogli, tornerò per un altro carnevale e farò la mia nuova mossa, un passo di cavallo o la corsa della regina. Si vive una volta sola, hai aggiunto.

Io sono morto già due volte, ti ho detto. E ho buttato giù il mio re.

Dovevi muovere tu ed io non ti ho aspettato.

 

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